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lascerà di fare di quelle cose che sono contro a Dio, e la-
scerà di fare di quelle cose che sono secondo Iddio: e in
questo modo è peccato mortale. Onde dice santo Ago-
stino: Questo vizio, cioè la vanagloria, è nimico della ve-
ra fede, se nel quore sia maggiore cupidità di gloria e
della umana loda, che  l timore e l amore di Dio. E però
dicea Cristo nel Vangelo a certi vanagloriosi: Quomodo
potestis credere, gloriam ab invicem expectantes; et glo-
riam quS a solo Deo est, non quSrentes? Come potete
voi ben credere e avere vera fede, aspettando la gloria
l uno dall altro, e non cercando la gloria ch è da solo Id-
dio? Ma se l amore dell umana gloria, avvegna che sia
vana, non è contrario alla carità, nè quanto a quello di
che altri si gloria, nè quanto alla  ntenzione di colui che
si gloria, si come è sposto; non è peccato mortale, ma ve-
niale. Onde dice san Giovanni Boccadoro, che con ciò
sia cosa che gli altri vizi abbiano luogo ne servi del dia-
volo, la vanagloria ha luogo ne servi di Cristo; e inten-
desi in quanto è peccato veniale.
CAPITOLO TERZO
Dove si dimostra come la gente è inchinevole al vizio della va-
nagloria, e come agevolmente e in più modi vi s offende.
La terza cosa che diremo della vanagloria, si è come la
gente è inchinevole e cupida di questo vizio, e come age-
volmente e in più modi ci s offende e pecca. Della quale
dice quel savio Valerio Massimo, che non è niuna sì
grande umilità che non sia tocca dalla dolcezza di questa
gloria. Onde conta di quel savio Temistocle, che andan-
do egli al teatro, dove si raccontavano con canto e con
loda l opere virtuose di prodezza, di scienza e d arte; ed
essendo domandato qual voce o  l cui canto più gli pia-
cerebbe, rispose: Quella che meglio loderà l arte mia. E
santo Agostino, nel libro della Città di Dio, recitando i
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Passavanti - Lo specchio di vera penitenza
gran fatti de Romani, dice che l amore della gloria e
dell umana loda tutte quelle cose maravigliose fece fare;
per la cui cupidità i Romani volevano vivere, e non du-
bitavano di morire: come pone di ciò molti essempli in
tutto il quinto libro; e tra gli altri, recita di quel Bruto
ch uccise i figliuoli e per l amore della patria e per la cu-
pidità della gloria umana; del quale disse Vergilio: Vin-
cit amor patriS, laudumque immensa cupido; e quello
che sèguita. Ed è tanta questa cupidità e la voglia della
gloria, che gli uomini la vanno cercando per vie distorte
e per lo suo contrario. Onde dice Valerio, che molti si
truovano che volendola acquistare, la spregiano e di fat-
to e con parole; del cui dispregio essendone lodati e no-
minati, hanno acquistata loda col suo spregio. E non so-
lamente con buone opere e con virtù s ingegnano le
genti d avere gloria, ma eziandio si truovano di quegli
che con opere ree e con malificii la vanno cercando: co-
me narra Valerio di quello Pausania, che domandando
egli un altro come potesse essere di subito nominato e
conosciuto, fugli risposto che ciò potrebbe intervenire
s egli uccidesse uno uomo glorioso e di grande stato.
Andò costui, e uccise il re Filippo, padre d Alessandro;
e per questo tutto il mondo parlò di lui, e scrissesi nelle
storie e nelle croniche colui che prima era oscuro e sco-
gnosciuto. Simile racconta di colui che, per farsi nomi-
nare, misse fuoco in quello ricco e magnifico tempio
della dea Diana in Efeso; il quale poi preso e posto alla
colla, confessò che per essere nominato e famoso l avea
fatto, con ciò fosse cosa che non avesse in sè altra bontà
per la quale potesse farsi nominare. Ed è bene mente
perversa quella di coloro che si gloriano del male; de
quali dice Seneca: E si trovano di quegli che si gloriano
de vizi loro; onde David profeta diceva: Quid gloriaris
in malitia, qui potens es in iniquitate? Perchè ti glorii tu
nella malizia, il quale se possente nella iniquitade? qua-
si dica: Non è cosa d averne loda nè gloria, ma d averne
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Passavanti - Lo specchio di vera penitenza
biasimo e infamia. Onde dicea quella santa donna Ester:
Tu nosti quod oderim gloriam iniquorum: Tu sai, Signo-
re, ch io ebbi sempre in odio la gloria degli uomini ini-
qui. E  l Salmista, parendogli male della gloria de pec-
catori, dicea: Usquequo peccatores, Domine, usquequo
peccatores gloriabuntur? Di qui a quanto, Signore, di qui
a quanto si glorieranno i peccatori?
CAPITOLO QUARTO
Dove si dimostra quali sono quelle cose che sono cagione e in-
ducono al vizio della vanagloria.
La quarta cosa che si dee dire della vanagloria, si è
quali sono quelle cose che sono cagioni e inducono al vi-
zio della vanagloria: della quale si scrive nel Policrato:
Appena si truova niuno che non abbia appetito della va-
nagloria, e che non disideri d essere lodato dagli uomini.
E a ciò si viene per diverse vie: quale per virtù, o per im-
magine o apparenza di virtù; altri per beneficii di fortu-
na; e alcuni co beni della natura le vanno dietro. Onde
da queste tre parti si prende la materia e la cagione
d ogni loda umana e gloria: cioè dall anima, dal corpo e
dalle cose di fuori della fortuna. Nell anima sono certi
beni naturali, e certi acquistati o per infusione di grazia,
o per essercizio, o per continovo studio. I beni naturali
dell anima sono lo  ntelletto chiaro col sottile ingegno, la
ragione, la libertà dell albitrio, la tenace e salda memo-
ria, coll altre potenzie intellettuali, le quali son pure
nell anima; e coll altre potenzie sensitive, che sono co-
muni all anima e al corpo. I beni acquistati dell anima
sono le virtù teologiche e divine; le virtù intellettuali e le
morali; la sapienza, la scienzia e l arti. I beni del corpo
sono la sanità, la fortezza, la bellezza, la nobilitade, la li-
bertade, l allegrezza; coll essere accorto e presto, atante
e bene costumato, avvenente, orrevole, adorno, con sen-
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Passavanti - Lo specchio di vera penitenza
timenti vigorosi e forti; l essere prode e pronto con buo-
no avviso, studioso, sollecito e alle cose destro; l essere
bene usante con affabile piacevolezza, cortese, amorevo-
le, giocondo e bene complessionato; avere la loquela
graziosa e pronta e feconda, la voce soave, dolce e ben
sonora; avere lo sguardo e l andare composto, e gli altri
sembianti con bèlla maniera. E avvegna che molte di
queste condizioni procedano dentro dalla virtù dell ani-
ma, s attribuiscono al corpo, perchè si mostrano e aòpe-
ransi co gli atti di fuori. I beni della fortuna sono le cose
di fuori, che non sono in noi nè in nostra podestade; on-
de si posson perdere, e tutto dì si perdono contro alla [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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