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vale che te lo dica, Seurel: giovedì passato ho scritto a mia madre chiedendole di
finire gli studi a Parigi. Oggi parto."
Continuava a guardare dalla parte del paese, le mani appoggiate alle sbarre,
all altezza della testa. Inutile chiedergli se sua madre, che era ricca e accontentava
tutti i suoi capricci, l avesse soddisfatto anche stavolta. Inutile anche chiedergli
perché volesse tutto a un tratto andare a Parigi.
Ma certo lui provava un inquieto rimpianto nel lasciare il caro paese di
Sant Agata donde era partito per la sua avventura Quanto a me, m invadeva adesso
una desolazione profonda.
"Pasqua è vicina!" mi disse sospirando, a mo di spiegazione.
"Quando l avrai trovata laggiù, mi scriverai, non è vero?" gli chiesi.
"Ma certo, prometto. Non sei il mio amico, il mio fratello?..."
E mi mise una mano sulla spalla.
Pian piano mi rendevo conto che era ormai finita, dal momento che voleva
terminare gli studi a Parigi; mai più avrei avuto a fianco il grande amico.
Unica speranza di ritrovarci, quella casa di Parigi dove durava una traccia
dell avventura svanita... Ma guardando Meaulnes e vedendolo così triste, che povera
speranza diventava quella, per me!
I miei furono avvertiti: il signor Seurel fece le meraviglie ma poi si rassegnò
presto alle ragioni di Agostino; Millie, da padrona di casa, era desolata soprattutto
all idea che la madre di Meaulnes avrebbe trovato la casa in un disordine insolito... I
bagagli furono presto fatti, ahimé. Ripescammo nel sottoscala le sue scarpe della
festa; nell armadio, un po di biancheria; poi quaderni e libri di scuola  tutto quello
che un giovane di diciotto anni possiede al mondo.
A mezzogiorno arrivò in carrozza la signora Meaulnes. Pranzò al caffè Daniel
insieme con Agostino e lo portò via, quasi senza dare spiegazioni, non appena il
cavallo fu rigovernato e attaccato. Dalla porta, li salutammo; e la carrozza scomparve
alla volta del crocicchio.
Millie si pulì i piedi davanti alla porta e rientrò nella sala da pranzo fredda per
rimettere in ordine. Ed io... Per la prima volta da molti mesi mi trovavo solo davanti a
un lungo pomeriggio di giovedì  sentendo che con quella vecchia carrozza la mia
adolescenza se n era andata per sempre.
11 - Tradisco
Che fare?
La bruma s alzava un poco, e pareva che il sole dovesse mostrarsi da un
momento all altro.
Sbatteva una porta nella casa. Poi tornava il silenzio. Di tanto in tanto mio
padre attraversava il cortile per riempire un secchio di carbone e rimpinzarne la stufa.
Guardavo i lenzuoli bianchi messi ad asciugare sulle corde e non mi sentivo proprio
di rientrare in quel locale tetro, trasformato in essiccatoio, dove mi sarei trovato alle
prese con l esame di fine d anno, quel concorso di ammissione alla Scuola Normale
che ormai doveva essere la mia sola preoccupazione.
Era strano, ma alla noia che mi affliggeva si mescolava non so che sensazione
di libertà. Scomparso Meaulnes, ormai chiusa e fallita l avventura, mi pareva almeno
di essermi liberato da quella bizzarra inquietudine, da quell impegno misterioso che
mi impedivano di agire come tutti. Scomparso Meaulnes, non ero più il suo
compagno d avventure, il fratello di quel cercatore di piste; ritornavo ad essere un
ragazzo di paese, simile agli altri. Era facile, bastava che seguissi la mia inclinazione
naturale.
Il più giovane dei Roy passò nella strada piena di fango facendo roteare una
cordicella con all estremità tre castagne e scagliandole in aria, finché ricaddero nel
cortile. Non sapevo proprio come impiegare il tempo e così mi divertii a rilanciargli
due o tre volte le sue castagne di là dal muro.
Ma di colpo Roy abbandonò il gioco infantile per correre verso una carretta che
risaliva il sentiero del vecchio ponticello. Svelto svelto si arrampicò dietro, senza
bisogno che il veicolo si fermasse. Riconobbi la carrettella di Delouche e il suo
cavallo. Guidava Gelsomino; il grosso Boujardon stava in piedi: tornavano tutti e due
dai prati.
«Vieni con noi, Francesco!» gridò Gelsomino, che certo ormai sapeva della
partenza di Meaulnes.
Su! Senza dir niente in casa, montai sulla carretta traballante restandomene in
piedi come gli altri, appoggiato a una sponda. Ce ne andammo dalla vedova
Delouche...
Eccoci nel retrobottega della vedova, che fa tanto da droghiera quanto da
albergatrice. Un raggio di sole pallido da una finestra bassa picchia sulle scatole di
latta e sui barili di aceto. Grande e grosso, Boujardon sta seduto sul davanzale, rivolto
a noi e con la risata larga di un ghiottone trangugia biscotti. A portata di mano su un
barile, c è la scatola aperta e incominciata. I1 piccolo Roy squittisce di piacere. Una
specie di intimità di cattiva lega si è stabilita fra noi. Ormai, lo vedo, Gelsomino e
Boujardon saranno i miei compagni. La mia vita è cambiata di colpo. Mi sembra che
Meaulnes se ne sia andato da non so quanto e che la sua avventura sia una vecchia
storia malinconica, ma finita per sempre.
Il piccolo Roy ha scovato sotto uno scaffale una bottiglia di liquore già
cominciata. Delouche ce ne offre un bicchierino ma poiché di bicchieri ce n è uno
solo, beviamo tutti nello stesso. Mi servono per primo, con una certa condiscendenza
come se non fossi abituato a questi usi da cacciatori e contadini... Mi sento un poco
imbarazzato. Così, quando il discorso cade su Meaulnes, per dissipare questo disagio
e ritrovare la disinvoltura, mi viene voglia di far sapere che conosco la sua storia, di
raccontarne un po . Che male gliene può venire, se ormai qui le sue avventure sono
finite?...
Ma forse, questa storia, non so raccontarla? Certo è che non fa l effetto che mi
aspettavo.
I miei compagni, da buoni paesani che non si lasciano meravigliare da nulla,
non mostrano sorpresa per tanto poco.
«Era un matrimonio, ecco tutto,» dice Boujardon.
Delouche poi, a Préverange, ne ha visto uno ancora più bizzarro.
Il castello? Certo ci sono degli abitanti del paese che ne hanno sentito parlare.
La ragazza? Meaulnes se la sposerà dopo il servizio militare.
«Avrebbe dovuto parlarcene,» aggiunge qualcuno, «e mostrarci la sua piantina,
invece di confidare tutto a uno zingaro!...»
Sono intrigato per il mio insuccesso e allora voglio approfittare dell occasione
per pungere la loro curiosità: mi decido a spiegare chi era lo zingaro, donde veniva, il
suo destino insolito... Boujardon e Delouche non mi danno retta: «La colpa è tutta
sua. È lui che ha fatto diventare Meaulnes così scontroso; Meaulnes che era un tale
compagnone! Lui che ha organizzato tutte quelle stupidaggini di attacchi notturni e di
abbordaggi, dopo averci tutti irreggimentati come in un reparto di scolari...»
«Sai,» fa Gelsomino fissando Boujardon e dondolando adagio la testa, «ho
proprio fatto bene a denunciarlo ai gendarmi. Ecco un tipo che ha fatto danno al
paese e ne avrebbe fatto ancora!...»
Anch io sono quasi d accordo con loro: tutto avrebbe preso certo un altra piega
se avessimo affrontato la questione in modo meno misterioso e tragico. L influenza di
quel Frantz ha guastato tutto...
Ma proprio mentre sono assorto in queste riflessioni, si sente in bottega un
improvviso rumore. Gelsomino Delouche nasconde in fretta la bottiglia di liquore
dietro una botte; il grosso Boujardon salta giù a precipizio dalla finestra, mette un
piede su una bottiglia vuota e polverosa che rotola via, e lui per due volte rischia di
andar lungo disteso. Il piccolo Roy, soffocando dalle risa, li spinge di spalle per
uscire più in fretta.
Me la do a gambe con loro, senza capire bene cosa sta succedendo;
attraversiamo il cortile e ci arrampichiamo sul la scala di un fienile. Sento una voce
femminile che ci tratta da marioli!...
«E chi pensava che sarebbe ritornata così presto,» dice Gelsomino a bassa
voce.
Solo ora capisco che ci eravamo intrufolati là di contrabbando, a rubare dolci e [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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