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autoritaria o con deferenza, come metter dentro la testa
e stringere una mano, sorridere o alludere a scherzose
minacce, chi invitare a colazione e a chi promettere una
partita di grana. Saliva, scendeva, con il fervore di un
carbonaro, preparatissimo su ogni codicillo della legge
anche più astrusa, nel suo piccolo geniale rimestatore di
carte e, in quell aggirarsi fra mucchi di impiegati di don-
zelli e di carte da bollo, ormai familiare a tutti, percorre-
va chilometri come un buon pellegrino degli interessi
dei suoi clienti. E solo raramente gli capitava di ripren-
dere il treno con su scritto, su quella carpetta, «inevasa 
strutturare meglio!», il che significava che occorrevano
più soldi.
Quel pomeriggio, dunque, il Gazza si avviò come al
solito alla sua quindicinale puntata e mentre c era già il
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Alberto Bevilacqua - La califfa
muso del direttissimo in fondo al binario, dopo aver
detto al Mazzullo quella frase consueta «allora ciao, eh,
e stai tranquillo», aspettò fino all ultimo per far credere
che non dava poi tanto peso alla cosa, ma prima di affer-
rare le valigie buttò lì: «Ah, senti, quella ragazza, quella
tale, scriviti bene il nome e cognome... Irene Giovanardi
vedova Corsini... vedimi un po che tipo è... così, sai, mi
pare un po scentrata, mi dà l idea che non stia troppo
bene di salute, quella lì... Scusa, eh...». Ed era salito, ben
sapendo che il Mazzullo, alla parola salute, avrebbe dato
la sua stessa interpretazione.
Il direttissimo si mosse, il Gazza, affacciandosi, ripeté
uno «stai tranquillo» pieno di promesse, e il Questore
Mazzullo sventolò una mano, infilandosi nel taschino,
con l altra, il biglietto da visita sul quale si era segnato
l appunto.
Qualche sera dopo, si rivedevano a casa Doberdò.
Passeggiando in terrazza, sempre con la solita aria sva-
gata, il Gazza fece in modo di ricadere nel discorso, ma
non si aspettava certo una risposta del genere dal Maz-
zullo:
«Ma come!...» disse smettendo di passeggiare. «Nem-
meno un appunto, neanche una diffida!...»
Mazzullo aprì le braccia: «Eh...».
«Mai esercitato il meretricio?»
«Eh no, purtroppo...»
«Mai ufficialmente sgarrato, nemmeno una volta?»
«Macché!»
«Ma non è possibile, caro mio, consentimi. In questo
paese dove tutti, dico tutti, qualche pulce nella coscien-
za ce l hanno, una donna di questa specie, nemmeno,
che dico, una sorpresa in casa d appuntamento...» Maz-
zullo fece schioccare la lingua per dare più incisività alle
sue constatazioni negative: «Stando alle carte, salvo
qualche intemperanza verbale, annotata molto, ma mol-
to marginalmente, pulita è, pulitissima!».
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Alberto Bevilacqua - La califfa
«Le carte, le carte...» insisté il Gazza, mentre rifletteva
a passettini per la terrazza. «Le carte possono valere fino
ad un certo punto con queste nostre amministrazioni tra-
scurate, giustizia compresa, caro mio, giustizia compre-
sa... Ricordiamoci, per esempio, di quell altra amica del
Doberdò, quella... come si chiamava, aiutami, quella che
sembrava una santa anche lei, ma poi, gratta gratta, che se
non gli aprivamo gli occhi noi, al nostro...»
«Rea di meretricio...» lo soccorse prontamente Maz-
zullo, che aveva in testa un perfetto schedario. «Ma, ve-
di, quella non era di qui, era sarda di Nuoro, mentre
questa tale Corsini è nata e risiede in città, quindi...»
«Già» ammise il Gazza. «Però in queste intemperan-
ze verbali io ci guarderei un po meglio...» E lì per lì,
non fece troppo caso a quel cognome con il quale l Ire-
ne era collegata a vedovanza: quel Guido Corsini di cui
solo più tardi egli identificò fatti e figura. Allora te-
lefonò al Mazzullo e gli disse che, nel prendere informa-
zioni, poteva essere utile tenere presente che si era trat-
tato di un bandito, condannato e ammazzato dalle forze
dell ordine... E Mazzullo se lo doveva ricordare e come,
il fatto, perché, in margine, il Gazza s era dovuto fare
non uno, ma ben tre viaggi a Roma...
«Ma chi l avrebbe detto che era proprio quel Guido
Corsini lì» concluse scuotendo la testa. «Ma guarda a
volte le combinazioni della vita!...»
3.
E una sera, che sto già in vestaglia per mettermi a let-
to, s attaccano al mio campanello, tanto che m aspetto
che sia capitata chissà che disgrazia. Quando poi apro e
ti vedo sull uscio la Viola, scombinata com era, che
neanche riesce a dir parola dal fiato che le monta, giuro
che la disgrazia c è davvero. [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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